venerdì 7 agosto 2009

A tutti i bambini del mondo














A tutti i bambini del mondo

C'era una volta in un tempo che non ricordo una piccola letterina non scritta, né affrancata né imbucata e tantomeno spedita. Era bianca come la parete più bianca che non abbiate mai visto e questo era il suo problema: non riusciva a trovare nessuno che la scrivesse, nessuno che facesse su di lei anche il disegno più brutto, nessuno che poi la chiudesse nella busta e la consegnasse al postino. Sognava di compiere un viaggio bellissimo in compagnia di una cartolina che proveniva dall'altra parte del mondo, del pacco più piccolo della Terra che doveva essere consegnato nel posto più sperduto e del telegramma più veloce che c'era e che l'avrebbe abbracciata e le avrebbe fatto fare il giro del mondo in un battibaleno. I suoi occhi vedevano un francobollo elegantissimo posarsi su di lei e baciarla, distendere i suoi bordi frastagliati con dolcezza e parlarle di un lungo viaggio nel più arido posto del pianeta, laggiù nella parte più sperduta dell'Africa dove c'è poca acqua e il sole secca la pianta più tenace e lascia senza cibo. Allora lei veniva consegnata al bambino triste che stava laggiù che l'avrebbe letta e sarebbe scoppiato a ridere e avrebbe contagiato la sua famiglia e quella del vicino, il villaggio e la città vicina e via via tutti e tutto fino a far ridere di gioia tutti quanti. Ma quella gioia e quella felicità scomparivano sempre quando apriva gli occhi e si rendeva conto che non si era mai mossa da quel cassetto pieno di bottoni e pinzette, piccoli esserini morbidi senza un'anima e figurine di calciatori, ciondoli e gomme da masticare. Certo aveva fatto la corte ai francobolli che stavano tutti ben distesi nel loro raccoglitore e russavano senza ritegno, ma loro affermavano di "essere fuori corso", d'essere troppo vecchi per intraprendere un lungo viaggio e che ora volevano solo riposare. E si era molto arrabbiata col vecchio pennino che non voleva sentire ragioni: lui per scriverla aveva bisogno di un calamaio, di uno scrittoio e di un tampone assorbente, troppe cose tutte assieme che neanche la splendida fantasia della letterina avrebbe trovato.
Così il suo tempo passava tra cose che scomparivano e non tornavano più come i vecchi francobolli che furono riuniti in fretta e furia in un sacchettino trasparente e cambiarono casa, i piccoli bottoni che non trovarono mai più il vestitino a cui appartenevano e i nuovi arrivi che molte volte la sotterravano e la schiacciavano a tal punto da spiaccicarla sul fondo del cassetto.
Fu durante uno di quei tragici riempimenti che conobbe Filippo, il più bel pennarello che non avesse mai visto: lui era magrissimo e aveva uno splendido colore blu, blu era il suo cappuccio e la sua punta, e lei, che lo aveva visto scivolare di notte dal quaderno da disegno, subito se ne innamorò. Non aveva mai visto nulla di così elegante e dolce, di così determinato e allegro e quando lei gli raccontò la sua triste esistenza e gli parlò dei suoi desideri, scoprì che anche Filippo avrebbe voluto viaggiare e visitare Paesi da sogno, che anche lui avrebbe voluto scrivere parole felici e riempire pagine e pagine di gioia. E che anche lui si sentiva inutile, lasciato per troppo tempo in quel quaderno da disegno dove era scomparsa la fantasia e in cui tutte le pagine erano rimaste vuote a tal punto da ingiallire rapidamente.
Fu così che una sera i due decisero di provare a scrivere: chiesero al foglio bianco raggrinzito che stava lì vicino di prestare loro uno dei suoi angoli e Filippo, togliendosi il cappuccio con signorilità, iniziò a buttare giù parole, verbi, virgole e punti. Ed era talmente grintoso nello scrivere che non s'accorse di riempire solo l'angolo, ma le righe iniziali, quelle di mezzo e quelle della fine del foglio.
Stava ancora continuando quando la letterina lo fermò dicendosi sicura che era arrivato il momento di buttarsi nell'avventura: realizzare i loro sogni e iniziare a viaggiare.
Allora Filippo la distese sul fondo del cassetto, dopo aver fatto spostare le piccole cose che ingombravano, e iniziò a scriverla: sotto la sua punta lei rabbrividiva e provava strane sensazioni, il suo grattare e l'odore dell'inchiostro la fecero andare in estasi e lei si abbandonò in un sonno profondo e pieno di colori vivaci e frasi bellissime.
Sognò di essere letta e riletta centinaia di volte, di visitare posti incredibili e di ritornare nel suo vecchio cassetto per essere riscritta da Filippo e poi ricominciare i suoi viaggi, di non stancarsi mai, di conoscere tutti i francobolli del mondo, alcuni coloratissimi e altri molto tristi e di vedere facce di bimbi di ogni nazione che la fissavano e la scrutavano attentamente in cerca del segnale per iniziare un nuovo gioco o una nuova favola. E, quando si risvegliò dopo tanto tempo, si ritrovò nelle mani del bambino dell'Africa che,incredulo, iniziò a leggere e scoppiò in una risata allegra e felice, portò la letterina a mamma e papà che la lessero ai fratellini e tutti iniziarono a ridere a più non posso facendo accorrere tutto il villaggio, tutta la città e tutto il mondo.

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