giovedì 2 aprile 2009

Il Mito di Narcisio

Nel terzo libro delle Metamorfosi di Ovidio viene narrato il mito di Narciso; egli è un fanciullo bellissimo che a causa di una maledizione si innamora della sua immagine riflessa in una fonte. All'inizio crede che si tratti di un'altra persona, ma poi si rende conto del fatto che quella di cui si è innamorato non è altro che l'immagine di se stesso. Sopraffatto dalla passione, si strugge per questo amore irrealizzabile fino a morirne. Nemmeno il suo ultimo desiderio, cioè quello che la persona amata possa vivere più a lungo di lui, può essere realizzato.
In questo racconto il tema del doppio riveste un ruolo di grande importanza come avviene nella commedia di Plauto, l'Anfitrione, ma tra le due opere vi sono enormi differenze.
Innanzi tutto nel Narciso il doppio non è un'altra persona distinta dal protagonista, ma è la persona stessa o meglio la sua immagine riflessa nella fonte che funge da specchio (nell'antichità si credeva che esso avesse il potere di sottrarre una parte dell'anima alle persone che vi si riflettevano, rubando così la loro identità e il loro aspetto). Invece nell'Anfitrione il doppio (rappresentato da Mercurio) è un'entità completamente distinta dall'originale (Sosia) con cui ha in comune solo l'aspetto fisico, ma non il carattere e gli atteggiamenti.
Anche l'atteggiamento nei confronti dei due doppi è notevolmente differente: Sosia in un primo momento è terrorizzato dalla presenza di un altro se stesso, perché ritiene che questo potrebbe rubargli l'identità, sempre che non l'abbia già fatto; anche quando in seguito si rallegra davanti alla possibilità di poter avere un'altra vita, sa comunque che queste due entità che alla fine sono la stessa persona non possono coesistere. Narciso, invece, è proprio questo che cerca: egli non rifugge dall'immagine di se stesso che gli si para davanti e non ne è nemmeno spaventato (atteggiamento che sarebbe stato comprensibile in quella società); visto che si è innamorato del proprio riflesso, quello che cerca è proprio di poter vivere con lui, anche se si rende conto che questo non è possibile. Il problema centrale del mito è proprio questo: l'amore impossibile.
Il doppio passa quasi in secondo piano davanti allo struggimento d'amore. A Narciso in fondo non importa se la persona da lui amata sia in realtà se stesso e niente più di un'immagine (infatti, fino alla fine egli, pur avendo compreso la verità, continua a considerarlo anche come una persona reale); l'unica cosa che conta è il desiderio di possedere quest'altro io, desiderio che, non potendo essere realizzato, lo porta alla morte. Sosia, invece, si interroga a lungo sull'origine del suo doppio, avanzando numerose ipotesi: pensa di essere impazzito, crede di essere vittima di una malia e arriva a pensare di avere incontrato il proprio fantasma. Proprio a questo punto è introdotto il tema della morte che spesso si trova legato a quello del doppio. Anche qui, però, si riscontra una differenza fondamentale: nel Narciso la morte è causata dal doppio, anzi dall'impossibilità della coesistenza dei due Narcisi che crea sofferenza e quindi porta alla morte ormai bramata, mentre nell'Anfitrione la morte è vista come possibile causa del doppio e quindi Sosia la fugge spaventato.

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