sabato 18 aprile 2009

Capitolo VI "Il maialino e il pepe"

Lewis Carroll
CAPITOLO VI
"Il maialino e il pepe"

Alice per un po' si mise a guardare la casa, e non sapeva che fare, quando ecco un valletto in livrea uscire di corsa dalla foresta (lo prese per un valletto perche` era in livrea, altrimenti dal viso lo avrebbe creduto un pesce) e picchiare energicamente all'uscio con le nocche delle dita. La porta fu aperta da un altro valletto in livrea, con una faccia rotonda e gli occhi grossi, come un ranocchio; ed Alice osservo` che entrambi portavano delle parrucche di riccioli incipriati. Le venne la curiosita` di sapere di che si trattasse, e usci` cautamente dal cantuccio della foresta, e si mise ad origliare.

Il pesce valletto cavo` di sotto il braccio una lettera grande quasi quanto lui, e la presento` all'altro, dicendo solennemente:"Per la Duchessa. Un invito della Regina per giocare una partita di croquet." Il ranocchio valletto rispose nello stesso tono di voce, ma cambiando l'ordine delle parole:"Dalla Regina. Un invito per la Duchessa per giocare una partita di croquet."
Cosi` dicendo si fecero una riverenza talmente profonda che le due parrucche si ingarbugliarono.
Alice scoppio` in una gran risata, e si rifugio` nel bosco per non farsi sentire, e quando torno` il pesce valletto se n'era andato, e l'altro s'era seduto sulla soglia dell'uscio, fissando stupidamente il cielo. Alice si avvicino` timidamente alla porta e busso`.
"Non val la pena che tu bussi - disse il domestico - e cio` per due motivi: primo, perche` io sto dalla stessa parte della porta dove stai tu; secondo, perche` qua dentro fanno un baccano tale che nessuno ti puo` sentire". E, infatti, si udiva urlare e starnutire insieme e, ogni tanto, un rumore di cocci sul pavimento.
"Ma allora scusi, come posso entrare in casa io?" chiese Alice.
"Il tuo bussare avrebbe un significato - continuo` il valletto senza badarle - se la porta fosse fra noi due. Per esempio se tu fossi dentro, e picchiassi, io potrei farti uscire, capisci..." E parlando continuava a guardare il cielo, il che ad Alice parve proprio un atto da maleducato. "Ma forse non puo` farne a meno - disse fra se` - ha gli occhi quasi sull'orlo della fronte! Potrebbe pero` rispondere a qualche domanda...Insomma come devo fare per entrare?" disse Alice ad alta voce.
"Io rimarro` qui fino a domani" fu la risposta del valletto.
In quell'istante la porta si apri`, e un gran piatto, lanciato dall'interno, volo` verso la testa del valletto, gli sfioro` il naso e si ruppe in cento pezzi contro un albero.
"...o forse fino a dopodomani" continuo` il valletto come se nulla fosse accaduto.
Per la terza volta Alice chiese:"Come faccio ad entrare in casa?"
"Prima di tutto bisogna sapere se tu debba veramente entrare in casa..." disse allora il valletto.
Aveva ragione ma ad Alice diedero fastidio quelle parole:"E' spaventoso - mormoro` fra se` - il modo con cui discutono queste bestie. C'e` da impazzire!"
Il valletto allora colse l'occasione per ripetere l'osservazione con qualche variante: " Io me ne staro` seduto qui per giorni e giorni."
"Ma io che devo fare?" domando` Alice.
"Quel che ti pare e piace" rispose il valletto, e si mise a fischiare.
"E' inutile discutere con lui! - disse Alice disperata - E' un perfetto imbecille!". Cosi` dicendo apri` la porta ed entro`.

La porta conduceva direttamente in una vasta cucina, da un capo all'altro invasa di fumo. La Duchessa sedeva su uno sgabello a tre piedi, e teneva un bambino in braccio; la cuoca era di fronte al fornello, e stava rimestando in un calderone che pareva pieno di minestra.
"In quella minestra ci deve essere troppo pepe" disse Alice fra se` con un fragoroso starnuto.
Effettivamente c'era troppo pepe nella aria. Anche la Duchessa starnutiva qualche volta; e quanto al bambino non faceva altro che starnutire e strillare senza un istante di riposo. I soli due esseri che non starnutivano nella cucina, erano la cuoca e un grosso gatto, che se ne stava accoccolato sul focolare, ghignando con tutta la bocca, da un orecchio all' altro.
"Per piacere - domando` Alice un po' timidamente, perche` non era certa che spettasse a lei cominciare a parlare - perche` il suo gatto ghigna cosi`?"
"E' un Ghignagatto - rispose la Duchessa - ecco perche`. Maialino!"
Ella pronuncio` l'ultima parola con tanta energia, che Alice fece un balzo; ma subito comprese che quel titolo era riferito al bambino e non a lei.
Cosi` si riprese e continuo`:"Non sapevo che i gatti ghignassero a quel modo: anzi non sapevo neppure che i gatti potessero ghignare."
"Tutti possono ghignare - rispose la Duchessa - e la maggior parte ghigna."
"Non ne conosco nessuno che sappia farlo" replico` Alice con molto rispetto, e contenta finalmente di conversare.
"Tu non sai tante cose! - disse la Duchessa - Si capisce."
Il tono secco di questa conversazione non piacque ad Alice, che volle cambiar discorso. Mentre cercava un argomento, la cuoca tolse il calderone della minestra dal fuoco, e si mise a gettare tutto cio` che le stava vicino contro la Duchessa e il bambino... Scaglio` prima le molle, la padella, e l'attizzatoio; poi una pioggia di casseruole, di piatti, pentole e scodelle. La duchessa non si scomponeva nemmeno quand'era colpita; e il bambino urlava tanto, che era impossibile dire se i colpi gli facessero male o no.
"Ma badi a quel che fa! - grido` Alice, saltando qua e la` atterrita - Non vede che a momenti porta via il naso al piccino?" continuo` a dire, mentre un grosso tegame sfiorava il naso del bimbo e poco manco` che non glielo portasse via davvero.
"Se tutti badassero ai fatti loro - esclamo` la Duchessa con un rauco grido - il mondo andrebbe molto meglio di quanto non vada."
"Ma il mondo va bene cosi` - replico` Alice, che aveva sentito parlare a scuola dei movimenti della Terra - gira intorno al proprio asse in ventiquattro ore, e..."
"Asse, hai detto? Ascia, volevi dire. - grido` la Duchessa - hai fatto bene a ricordarmelo. Tagliatele la testa!"
Alice guardo` ansiosamente la cuoca per vedere se ella intendesse obbedire ma la cuoca era occupata a rimestare la minestra, e non pareva che avesse ascoltato, percio` ando` avanti dicendo:"Ventiquattro ore, credo, o dodici? Io..."
"Oh non mi seccare. - disse la Duchessa. - Ho sempre odiato i numeri!" E si rimise a cullare il bimbo, cantando una certa sua ninna nanna, e dandogli una violenta scossa alla fine d'ogni strofa: Vo col bimbo per la corte,
se starnuta picchio forte:
lui lo sa che infastidisce
e per picca starnutisce.
CORO
(con la cuoca e il bambino):— “Ahi! Ahi! Ahi!”
Mentre la Duchessa cantava il secondo verso, scuoteva il bimbo su e giu` con molta violenza, e il poverino strillava tanto che Alice pote` appena udire le parole della canzoncina: "Vo col bimbo per la corte,
se starnuta picchio forte;
lui se vuole puo` mangiare
tutto il pepe che gli pare."
CORO
“Ahi! Ahi! Ahi!”
"Toh, adesso tienilo un po' tu!" disse la Duchessa ad Alice, buttandole il bimbo in braccio. "Io vado a prepararmi per giocare una partita a croquet con la Regina". E usci` in fretta dalla stanza. La cuoca le scaravento` addosso una padella, e per un pelo non la colpi`.
Alice afferro` il bimbo, ma con qualche difficolta`, perche` era una creatura stranissima; agitava le mani e i piedi in tutti i sensi, "Proprio come un polipo" penso` Alice. Il poverino ronfava come una macchina a vapore e continuava a contorcersi e a divincolarsi tanto che, per qualche istante, Alice dubito` di non poterlo neanche reggere. Appena la fanciulla ebbe trovato la maniera di cullarlo, (e questo consistette nel ridurlo ad una specie di nodo, e nell'afferrarlo al piede sinistro e all'orecchio destro, per impedirgli di sciogliersi) lo porto` all'aria aperta.

"Se non mi porto via questo bambino - osservo` Alice - quelle in due o tre giorni me lo mandano all'altro mondo...Sarebbe un vero omicidio se lo lasciassi qui!". Disse le ultime parole a voce alta, e il poverino si mise a grugnire per risponderle (non starnutiva piu` adesso). "Non grugnire, - disse Alice, - non e` educazione esprimersi a questo modo!"
Il bambino grugni` di nuovo, e Alice lo guardo` ansiosamente in faccia per vedere che avesse. Aveva un naso troppo all'insu`, e non c'era dubbio che rassomigliasse piu` ad un grugno che a un naso vero e proprio; e poi gli occhi gli stavano diventando cosi` piccoli che non parevano di un bambino: nel complesso quell'aspetto non piaceva ad Alice. "Forse singhiozzava" penso`, e lo guardo` di nuovo negli occhi per vedere se ci fossero lacrime.
Ma non ce n'erano. "Carino mio, se ti trasformi in un porcellino - disse Alice seriamente - io non vorro` avere piu` niente a che fare con te. Bada dunque!" Il poverino allora si rimise a singhiozzare (o a grugnire, chissa`, era difficile capirlo).
Alice, intanto, cominciava a riflettere:"Ma che cosa ne faro` di questo coso quando arrivero` a casa?" quando improvvisamente quella creatura grugni` di nuovo con tanta energia, che ella lo guardo` in faccia sgomenta. Questa volta non c'era dubbio: era un porcellino vero e proprio, ed Alice si convinse che sarebbe stato assurdo portarlo via.
Cosi` depose la bestiolina in terra, e si senti` sollevata quando la vide trottar via tranquillamente verso il bosco. "Se fosse cresciuto, sarebbe stato un ragazzo troppo brutto; ma diventera` un magnifico maiale, credo." E si ricordo` di certi fanciulli che conosceva, i quali avrebbero potuto essere degli ottimi porcellini, e stava per dire:"Se si sapesse il vero modo di trasformarli..." quando sussulto` di paura, scorgendo il Ghignagatto, seduto su un ramo d'albero a pochi passi di distanza.
Il Ghignagatto si mise soltanto a ghignare quando vide Alice."Sembra di buon umore - ella penso` - ma ha le unghie troppo lunghe, ed ha tanti denti!" percio` penso` che sarebbe stato meglio tenerselo buono.
"Caro Ghignagatto... - comincio` a parlargli con un poco di timidezza, perche` non sapeva se quel nome gli piacesse; comunque egli fece un ghigno piu` grande. "Ecco, gli piace." penso` Alice e continuo`:"Vuoi dirmi, per piacere, da che parte devo andare adesso?"."Dipende molto dal luogo dove vuoi andare", rispose il Gatto.

"Fa lo stesso per me, da una parte o dall'altra... - disse Alice -...purche` vada da qualche parte. - riprese Alice come per spiegarsi meglio.
"Oh certo che ci arriverai! - disse il Gatto - Non hai che da camminare." Alice capi` che aveva ragione e tento` un'altra domanda:"Che razza di gente c'e` in questi dintorni?" chiese.
"Da questa parte - rispose il Gatto, facendo un cenno con la zampa destra - abita un Cappellaio e da questa parte - indicando con l'altra zampa - abita una Lepre di Marzo. Visita l'uno o l'altra, sono tutt'e due matti."
"Ma io non voglio andare dove c'e` gente matta!" disse Alice.
"Oh non ne puoi fare a meno, - disse il Gatto, - qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta."
"Come sai che io sia matta?" domando` Alice. "Tu sei matta, - disse il Gatto, - altrimenti non saresti venuta qui."
Non parve una ragione sufficiente ad Alice, ma continuo` ugualmente:"E come sai che tu sei matto?"
"Intanto, - disse il Gatto, - un cane non e` matto. Lo ammetti?"
"Ammettiamolo", rispose Alice.
"Bene, - continuo` il Gatto, - un cane ringhia quando e` arrabbiato, e scodinzola quando e` contento. Ora io brontolo quando sono contento e scodinzolo quando sono arrabbiato. Quindi sono matto."
"Io direi fare le fusa e non brontolare." disse Alice.
"Di' come ti pare. - rispose il Gatto. - Ci vai oggi dalla Regina a giocare a croquet?"
"Mi piacerebbe molto - disse Alice - ma non sono stata ancora invitata."
"Mi rivedrai da lei!" disse il Gatto, e scomparve.
Alice non se ne sorprese; si stava abituando a vedere cose strane. Mentre guardava ancora il posto occupato dal Gatto, eccolo ricomparire di nuovo.
"Ma dimmi un po', dove` il bambino? - disse il Gatto - Avevo dimenticato di domandartelo."
"Si e` trasformato in un porcellino", rispose Alice tranquillamente, come se la ricomparsa del Gatto fosse piu` che naturale.
"Lo immaginavo!", disse il Gatto, e svani` di nuovo.
Alice aspetto` un poco con la speranza di rivederlo, ma non ricomparve piu`, ed allora, pochi istanti dopo, prese la via dell'abitazione della Lepre di Marzo. "Di cappellai ne ho visti tanti - disse fra se` - sara` piu` interessante la Lepre di Marzo. Ma siccome siamo nel mese di maggio, non sara` poi tanto matta... almeno sara` meno matta che in marzo". Mentre diceva cosi` guardo` in su, e vide di nuovo il Gatto, seduto sul ramo d'un albero.
"Hai detto porcellino o porcellana?" domando` il Gatto.
"Ho detto porcellino, - rispose Alice - ma ti prego di non apparire e scomparire con tanta rapidita`, mi fai girare la testa!"
"Hai ragione" disse il Gatto; e questa volta svani` adagio adagio; cominciando con la fine della coda e finendo col ghigno, il quale rimase per qualche tempo sul ramo, dopo che tutto s'era dileguato.

"Roba da matti! Ho visto spesso un gatto senza ghigno - osservo` Alice - mai un ghigno senza Gatto. E' la cosa piu` strana che mi sia capitata!"
Non s'era allontanata di molto, quando arrivo` di fronte alla dimora della Lepre di Marzo. Penso` che fosse proprio quella, perche` i comignoli avevano la forma di orecchie, e il tetto era coperto di pelo. La casa era cosi` grande che ella non oso` avvicinarsi se non dopo aver sbocconcellato un po' del fungo che aveva nella mano sinistra, ed essere cresciuta quasi sessanta centimetri di altezza. Ma questo non la rendeva piu` coraggiosa. Mentre si avvicinava, diceva fra se`:"E se poi fosse pazza furiosa? Sarebbe stato meglio se avessi scelto di andare dal Cappellaio!"

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