venerdì 27 marzo 2009

Tchaikovsky's Waltz of the Flowers

Le Viole



iori
Viola hybrida

Viola del pensiero-Violaceae
Generalità: le viole del pensiero sono ibridi perenni a vita breve, o comunque coltivate come annuali o biennali; le specie madri provengono generalmente dall'Europa e dalla Turchia, le più utilizzate dagli ibridatori sono: V. lutea, V. tricolor, V. odorata, V. cornuta, V. x wittrockiana.Le viole del pensiero hanno fiori molto grandi e di colori sgargianti, dal bianco al nero puro, privi di profumo, a cinque petali, con centro scuro o giallo, in contrasto con il resto del fiore. Alcune varietà hanno venature scure che danno al fiore l'aspetto di un viso; ogni anno si aggiungono nuove varietà alle numerose già esistenti. Le foglie sono verde scuro, ovate, non molto decorative; la fioritura avviene nei periodi freschi dell'anno, in autunno e inverno e all'inizio della primavera.
Esposizione: la scelta dell'esposizione dipende dal periodo in cui si preferisce metterle a dimora e quindi godere della splendida fioritura. Se si decide di interrarle in autunno, e quindi farle fiorire in autunno e nella primavera successiva, è bene metterle in una zona in pieno sole, per permettere alle piantine di ricevere tutte le ore di sole possibili nelle fredde giornate invernali. Se invece si preferisce piantarle in primavera è consigliabile porle a mezz'ombra, altrimenti nei mesi estivi verrebbero con facilità bruciate e disseccate dai raggi solari nelle giornate più calde. Si sconsiglia di interrarle in una zona all'ombra completa, poichè troppo poca insolazione causa scarse fioriture. Volendo si possono porre in contenitori, in modo da poterle mettere al sole in primavera e spostare all'ombra in estate. Non temono il freddo, è quindi possibile porle a dimora anche quando c'è minaccia di gelate, anzi solitamente le basse temperature favoriscono la germinazione dei semi e fioriture abbondanti.
Annaffiature: necessitano di abbondante acqua, il terreno deve sempre essere umido, ma non inzuppato d'acqua; è preferibile quindi annaffiarle spesso, lasciando comunque asciugare leggermente il substrato prima di annaffiare nuovamente. Per favorire la fioritura è opportuno fertilizzare regolarmente con concime per piante fiorite, almeno ogni 20-30 giorni.
Terreno: non hanno particolari necessità per quanto riguarda il substrato di crescita, se la terra del nostro giardino fosse troppo pesante e calcarea è comunque opportuno correggerla con torba, sabbia e terriccio universale bilanciato, in modo da ottenere un substrato abbastanza ricco di materiale organico e ben drenato.
Moltiplicazione: può avvenire per talea o per seme. Le talee si praticano in primavera, facendo radicare i fusti in un miscuglio di torba e sabbia che va mantenuto in luogo fresco e umido fino a completo attecchimento. Solitamente le viole del pensiero si coltivano per seme, in quanto ogni piantina ne produce moltissimi e sono quindi di facile reperimento (sempre che non si desiderino varietà molto particolari); per la semina si procede preparando un contenitore con terriccio bilanciato, torba e sabbia, ben mescolati, si inumidisce il substrato e quindi si spargono i semi, che vanno ricoperti con un leggero strato di sabbia, necessario a mantenere l'umidità. I semenzai di viole vanno coperti con della plastica trasparente e mantenuti in luogo freddo e al buio, queste due condizioni favoriscono la germinazione.
Volendo si possono seminare in piena terra, in luogo ombreggiato, ma in questo caso la germinazione non è sempre garantita. Le piantine si pongono a dimora quando hanno prodotto almeno due paia di foglie, in primavera o in autunno, anche a stagione inoltrata. Parassiti e malattie: le viole temono molto le lumache e la mosca bianca; possono essere attaccate anche dagli afidi.

"Dance of the Sugar Plum Fairy"

fantasia disney flower dancing

giovedì 26 marzo 2009

Braveheart

William Wallace



William Wallace



Sir William Wallace (ca. 1270 - 1305) fu un patriota scozzese che guidò i suoi connazionali alla ribellione contro l'occupazione della Scozia da parte degli inglesi di origine normanna; nel quadro delle Guerre di indipendenza scozzese, Wallace combattè anche contro Re Edoardo I d'Inghilterra.La visione popolare consolidata spesso considera Wallace come una "persona del popolo", in contrasto con il connazionale Robert the Bruce (Roberto I di Scozia), che era di nobile lignaggio. La famiglia di Wallace discendeva da Richard Wallace (Richard il Gallese), un possidente terriero che visse sotto i primi membri della famiglia Stewart, poi famiglia reale a pieno titolo.

William WallaceWallace nacque a Elderslie, nel Renfrewshire (vicino a Kilmarnock, Ayrshire) attorno al 1270, il che lo rendeva ancor giovane negli anni di maggior splendore personale, tra il 1297 e il 1305.Esistono poche fonti di informazione contemporanee sulla gioventù di Wallace, e si pone molto affidamento sul resoconto di Harry il Cieco, scritto attorno al 1470, circa due secoli dopo la nascita di Wallace. Egli ci dice che nacque nell'Ayrshire, suo padre era Sir Malcolm Wallace di Riccarton, e che aveva due fratelli, Malcolm e John.William ricevette la sua educazione da due zii che erano sacerdoti, e quindi godette di una cultura superiore alla media dell'epoca, conosceva sia il francese che il latino.Harry il Cieco non fa menzione del fatto che abbia mai lasciato la nazione, o che avesse avuto alcuna esperienza militare prima del 1297. Una registrazione dell'agosto 1296 fa semplicemente riferimento a un ladro, un William le Waleys, a Perth.
La Scozia al tempo di WallaceContrariamente al credo popolare, John Balliol vantava un diritto al trono scozzese. Comunque, venne ritenuto necessario che un arbitro indipendente venisse invitato in Scozia, così che nessuna accusa di parzialità potesse venirgli mossa. Con un gesto folle, gli scozzesi invitarono Edoardo I d'Inghilterra a decidere della successione al trono scozzese.Invece di giungere come arbitro indipendente, egli si presentò al confine Anglo-Scozzese con una grossa armata ed annunciò di essere un capo supremo, venuto a risolvere una disputa in uno stato vassallo, costringendo ogni Re potenziale a rendergli omaggio. Dopo aver ascoltato tutte le pretese, Edoardo scelse John Balliol, come Re di quello che descriveva come lo stato vassallo di Scozia.Nel marzo del 1296, Balliol rinunciò a rendere omaggio ad Edoardo, e per la fine del mese Edoardo prese d'assalto Berwick-upon-Tweed, saccheggiando le città di confine e spargendo molto sangue. In aprile, sconfisse gli scozzesi nella Battaglia di Dunbar nel Lothian, e entro luglio aveva costretto Balliol ad abdicare al Castello di Kincardine.Edoardo si recò a Berwick in agosto per ricevere formale omaggio da circa 2.000 capi scozzesi, avendo precedentemente rimosso la Pietra del destino dal Palazzo di Scone, reggia dei re scozzesi. La Scozia veniva a trovarsi sotto effettivo dominio inglese.
Iniziano le imprese di WallaceL'anno seguente, il 1297, vide l'inizio dell'ascesa di Wallace. Secondo la leggenda locale dell'Ayrshire, Wallace venne fermato da due soldati inglesi per dei pesci che aveva pescato. La discussione dilagò in una vera e propria rissa, con il risultato che Wallace uccise i soldati. Un mandato per il suo arresto venne emesso poco dopo. Vera o falsa che sia questa storia, è chiaro che Wallace nutriva da lungo tempo un odio per gli inglesi, basato in parte sulla morte del padre per mano loro, avvenuta nel 1291. Wallace vendicò ulteriormente la perdita del padre vincendo battaglie a Loudoun Hill (nei pressi di Darvel, Ayrshire) e ad Ayr.A maggio combattè assieme a Sir William Douglas, a Scone, mettendo in fuga l'amministratore giudiziario inglese. I sostenitori della sempre più popolare rivolta soffrirono un duro colpo quando a luglio i nobili scozzesi scesero a patti con l'Inghilterra, ad Irvine, e in agosto Wallace lasciò la sua base nella Foresta di Selkirk per unirsi al'esercito di Andrew de Moray, a Stirling. Moray aveva dato il via ad un'altra sollevazione, e a Stirling le loro forze congiunte si prepararono ad incontrare gli inglesi in battaglia.
La battaglia di Stirling BridgeL'11 settembre 1297, vide una decisiva vittoria per Wallace e gli scozzesi a Stirling Bridge. Nonostante fossero in ampia inferiorità numerica, le forze scozzesi guidate da Andrew de Moray (un importante nobile, in quanto primogenito) e con Wallace come loro capitano, misero in rotta l'esercito inglese. L'esercito di profesionisti del Conte del Surrey, forte di 300 cavalieri e 10.000 fanti andò incontro al disastro quando attraversò il fiume da nord. Il ponte era troppo stretto perché molti soldati potessero attraversarlo assieme (probabilmente non più di tre uomini affiancati), così mentre gli inglesi attraversavano, gli scozzesi li attesero e li uccisero man mano che passavano.I sodati inglesi iniziarono a ritirarsi mentre i loro compagni dalle retrovie spingevano in avanti, e sotto un peso eccessivo, il ponte crollò, facendone affogare molti. All'insaputa dell'esercito inglese caduto nel panico, parte delle forze scozzesi aveva guadato il fiume più a monte. Con l'esercito inglese diviso sulle due rive del fiume, le due forze scozzesi pressarono le due metà dell'esercito inglese verso il fiume. Fu una vittoria schiacciante e un enorme iniezione di fiducia per l'esercito scozzese. Hugh Cressingham, il tesoriere di Edoardo in Scozia, venne ucciso nel corso della battaglia.Successivamente alla vittoria, Wallace venne nominato cavaliere e Guardiano di Scozia nel marzo 1298. Sfortunatamente, de Moray venne ferito gravemente nella battaglia e morì tre mesi dopo. La loro alleanza si era rivelata di successo, ma ora Wallace era da solo e con battaglie ancor più grandi da affrontare.
La battaglia di FalkirkUn anno dopo comunque, la situazione si rovesciò. Il 15 giugno 1298, gli inglesi avevano invaso la Scozia a Roxburgh. Saccheggiarono il Lothian e riconquistarono alcuni castelli, ma non riuscirono a far scendere in campo Wallace. Gli scozzesi avevano adottato una politica di terra bruciata, e gli errori commessi da chi doveva provvedere ai rifornimenti lasciarono gli inglesi con scarso cibo e morale, ma la ricerca di Wallace da parte di Edoardo si sarebbe conclusa a Falkirk.Wallace aveva posizionato i suoi lancieri in quattro 'schiltrons' – formazioni circolari a riccio, circondate da un muro difensivo di pali di legno. Gli inglesi ottennero un vantaggio, comunque, attaccando per primi con la cavalleria, e seminando la distruzione tra gli arcieri scozzesi. I cavalieri scozzesi fuggirono e gli uomini di Edoardo iniziarono ad attaccare gli schiltrons. Non è chiaro se il fattore decisivo fu il lancio di dardi, freccie e pietre da parte della fanteria, o un attacco della cavalleria da dietro.Ad ogni modo, comparirono presto dei varchi negli schiltrons, e gli inglesi sfruttarono questi per mettere a tacere la restante resistenza. Gli scozzesi persero molti uomini, ma Wallace riuscì a sfuggire, anche se il suo orgoglio e la reputazione militare ne vennero gravemente danneggiati.Per la fine di settembre 1298, Wallace aveva deciso di cedere il titolo di Guardiano a Robert Bruce, Conte di Carrick, e a John Comyn di Badenoch, il fratellastro dell'ex-Re John Balliol. Bruce si riconciliò con Edoardo nel 1302, mentre Wallace respinse queste mosse verso la pace. Egli spese un po' di tempo in Francia, in un a presunta missione diplomatica.
Cattura ed esecuzione di Wallace

Lapide commemorativaSir William riuscì a sfuggire alla cattura da parte degli inglesi fino al maggio 1305, quando Sir John de Menteith, un cavaliere scozzese leale ad Edoardo, lo catturò vicino a Glasgow. Dopo un processo sommario, le autorità inglesi lo giustiziaono atrocemente, il 23 agosto 1305, a Smithfield (Londra), nella maniera tradizionale riservata ai traditori.Egli venne impiccato e quindi squartato. La sua testa venne infilzata su un palo appuntito e posta sul London Bridge. Il governo inglese espose le sue membra in maniera raccapricciante a Newcastle, Berwick, Edimburgo, e Perth.La lapide della fotografia si trova su un muro del St Bartholomew's Hospital, vicino al luogo dell'esecuzione di Wallace, a Smithfield. I patrioti scozzesi e altre persone interessate spesso visitano questo luogo e vi depongono dei fiori.

Enya . The River Sings *by valerio ottaviani*

Fochine



Come non si possono amare solo l'uomo riesce ad essere così crudele .
Non ci sono commenti di fronte tanto orrore

Foche nell'acquario di Genova

mercoledì 25 marzo 2009

Arturo Tallini suona Ko-Tha di G. Scelsi

Le Zinnie

Le Zinnie
















Genere che comprende circa 20 piante erbacee annuali, originarie del Messico e dell'America centrale. Le zinnie coltivate come fiori ornamentali sono specie ibride derivate da Z. elegans. Queste piante costituiscono folti cespugli eretti, ramificati, con foglie ovali, verde scuro e grandi fiori solitari a forma di margherita, semplici e doppi. Le zinnie esistono di tutti i colori, tranne blu, esistono varietà bicolori e screziate. Le dimensioni del cespuglio varia a, seconda della varietà, da 30 a 120 cm. Per prolungare la fioritura ricordarsi di togliere i fiori appassiti.
Le zinnie necessitano si essere poste in pieno sole, anche se tollerano alcune ore di ombra al giorno; amano molto le estati calde, non tollerano assolutamente il freddo. Nello scegliere la posizione in cui porre a dimora le zinnie ricordarsi di scegliere un luogo ben ventilato, per evitare l'insorgere di funghi o muffe.
Non necessitano di grandi quantità d'acqua, resistendo bene anche a brevi periodi di siccità; annaffiare regolarmente, con modeste quantità d'acqua, aspettando che il terreno sia ben asciutto tra un'annaffiatura e l'altra. Fornire del concime per piante fiorite ogni 15-20 giorni sciolto nell'acqua delle annaffiature.
Crescono senza problemi in qualsiasi terreno da giardino, preferendo comunque i terreni sciolti, ben drenati e ricchi di materia organica.
La moltiplicazione avviene facilmente per seme, utilizzando alla fine dell'inverno i semi dell'anno precedente. Da febbraio ad aprile si seminano le zinnie mantenendo i semenzai in luogo protetto; le nuove piantine si pongono a dimora in aprile-maggio, facendo molta attenzione alle radici delle piantine, che sono molto delicate. Volendo le zinnie si possono seminare anche in piena terra in maggio.
Temono molto la cocciniglia farinosa.
Zinnia - genere delle Asteraceae, origine America soprattutto dal Messico, comprende specie erbacee annuali o perenni alte da 50 a 100 cm, con numerosi ibridi orticoli dalle forme nane o giganti. Tra le specie coltivate si ricorda la Zinnia elegans originaria del Messico e America centrale, che si presenta come un largo cespuglio ramificato annuale, alto circa 90 cm, con foglie opposte ovali-rotondate, e fiori grandi in capolini solitari, con molti ibridi a portamento nano o gigante, la Zinnia linearis con piccole corolle di colore giallo-arancione brillante, con ricche fioriture estive, la Zinnia haageana originaria del Messico, che ha dato origine a numerose cultivar, a forma nana o gigante, con fiori doppi di varie dimensioni e dai colori brillanti, nelle varie tonalità di giallo, rosa e rosso, la Zinnia acerosa originari del Messico e del Sud-ovest degli USA, pianta perenne, alta fino a 60 cm, con fiori bianchi simili a margherite, la Zinnia angustifolia originaria del Messico, pianta annuale alta fino a 45 cm, e con foglie lanceolate.
Si utilizzano nei giardini per aiuole e bordure, o in vaso sui terrazzi, e grazie alla lunga durata dei capolini, viene coltivata industrialmente per la produzione del fiore reciso
Piante resistenti e rustiche richiedono esposizione soleggiata, clima mite, terreno soffice anche asciutto
Si moltiplica in primavera con la semina, nelle zone a clima freddo sotto vetro trapiantandole a dimora cessato il pericolo di gelate.












lunedì 23 marzo 2009

Poesia Sufi - Allegoria delle Farfalle

Poesia Sufi
Questa poesia, insieme ad altre di Attar, grande poeta Sufi.


Allegoria delle Farfalle
- Attar -

Un notte le farfalle si riunirono
in assemblea, volevano conoscere
che cosa fosse una candela. E dissero: “Chi andrà a cercar notizie su di essa?”

La prima andò a volare intorno a un castello
e da lontano, dall’esterno vide
una luce che brillava. Tornò
e con parole dotte la descrisse.
Ma una saggia farfalla – presiedeva
lei l’assemblea – le disse:
Tu nulla sai”.

Ed un’altra partì, si avvicinò
arrivò sino a urtare nella cera.
Nei raggi della fiamma fece svoli.
Tornò, raccontò quello che sapeva.
Ma la farfalla saggia disse: “Tu,
tu nulla più della prima hai conosciuto”.

Un terza si mosse infine, ed ebbra entrò
battendo le ali forte nella fiamma
tese il corpo alla fiamma, l’abbracciò
in essa si perdette piena di gioia
avvolta tutta nel fuoco, di porpora
divennero le sue membra, tutte fuoco.

E quando di lontano la farfalla
saggia la vide divenuta una
cosa sola con la candela, e tutta luce
disse: “Lei sola ha toccato la meta, lei sola sa”.

Chi più di sé è dimentico
quello tra tutti sa.
Finché non oblierai
il tuo corpo, la tua anima,
che cosa mai saprai
dell’Amata?

domenica 22 marzo 2009

Testo You made me the thield of your heart - Sinead O'Connor

Sinead O'Connor

You made me the thief of your heart
I hope you're happy now
I could never make you soYou made me the thief of your heart
You were a hard man
No harder in this world
You made me cold
And you made me hard
And you made me the thief
Of your heart
Winter is cold
Oh, but you're colder still
And for the first time
I feel like you're mine
I'll share you with the one
Who will mend what falls apart
And turn a blind eye
To the thief of your heart

Sinead O' Connor - You Made Me The Thief Of Your Heart

venerdì 20 marzo 2009

Dervisci

Dervisci

Col termine dervisci (in persiano e arabo darwīsh, lett. "povero", la cui etimologia resta sostanzialmente sconosciuta) si indicano i discepoli di alcune confraternite islamiche ( turuq ) che, per il loro difficile cammino di ascesi e di salvazione, sono chiamati a distaccarsi nell'animo dalle passioni mondane e, di conseguenza, dai beni e dalle lusinghe del mondo. Si tratta di un termine afferente a molte generiche confraternite islamiche sufi, anche se tendenzialmente ci si riferisce alla ṭarīqa della Mawlawiyya/Mevleviyè. I dervisci sono asceti che vivono in mistica povertà, simili ai frati mendicanti cristiani.
Origine del termine Darwīsh in lingua farsi significa letteralmente "cercatore di porte". In campo mistico il termine, più ancora che "mendicante" ha acquistato il significato di colui che cerca il passaggio, la soglia, l'entrata che porta da questo mondo materiale ad un paradisiaco mondo celestiale. Il termine generalmente si riferisce a un asceta mendicante oppure ad un temperamento ascetico di colui che è indifferente alle cose materiali.
Il fenomeno dell'ascetismoIl fenomeno è tipico di tutti i percorsi ascetici mistici, sia ebraici, sia cristiani, sia buddisti, sia induisti.
In campo islamico alcune confraternite fanno della povertà il loro abito fisico e spirituale, utile ad allontanare qualsiasi vana tentazione di affermazione del proprio Io, a fronte dell'Unico Esistente, Dio. Fra essi, in particolare, la Mawlawiyya (in Turco Mevleviyè), fondata dal grande sufi e poeta Jalāl al-Dīn Rūmī nel XIII secolo o la ormai scomparsa Qalandariyya o la Khalwatiyya.
La prima - che ebbe anche importanti funzioni liturgiche nelle cerimonie d'incoronazione dei Sultani ottomani - è particolarmente nota nelle aree non di cultura islamica per la spettacolare cerimonia dei cosiddetti "dervisci rotanti" che, nella loro ricerca dell'estasi che li avvicina a Dio, ruotano a lungo su se stessi sotto la guida di un loro pir (lett. "vecchio") che, in turco, è chiamato talora dede (nonno).
Il sufismo
Questi praticanti del Sufismo erano considerati dei saggi. Molti dervisci sono mendicanti che si sono votati alla povertà, alcuni hanno scelto di mendicare mentre altri lavorano, per esempio i Qadiriyya egiziani sono dei pescatori.
Esistono varie confraternite sufi, quasi tutte hanno avuto origine da un santo o un maestro musulmano come ʿAlī e Abū Bakr, rispettivamente quarto e primo califfo musulmano. Vivono in comunità monastiche simili a quelle cristiane.
L'Ordine dei Mevlevi, in Turchia, pratica la celebre danza turbinante come metodo per raggiungere l'estasi mistica (jadhb, fanāʾ). Le danze sacre sono la più antica forma di trasmissione dei "misteri" che sia pervenuta all'uomo dall'antichità, e coloro che sono ammessi a un tale esercizio passano attraverso un insegnamento speciale che prevede una lunga preparazione.
Oltre alla danza roteante esistono altri tipi di danze, tutte caratterizzate dalla grande attenzione particolari apparentemente insignificanti. Nel loro apprendistato i futuri Dervisci vengono addestrati dai sapienti monaci con tecniche molto raffinate; una di queste prevede l'utilizzo di un marchingegno molto curioso, in tutto e per tutto simile ad un albero: dalla sua base, generalmente in legno, si dipartono due o più rami dai quali a loro volta se ne dipartono altri ancora, e così via per un numero preciso di volte; ogni segmento è collegato all'altro tramite delle sfere, in genere d'avorio, risultando così un meccanismo affine a quello delle articolazioni scheletriche, capace di assumere numerose combinazioni di posizioni. Coll'ausilio di questo speciale strumento i monaci mostrano le posizioni che i discepoli dovranno imitare e sostenere per svariate ore, completamente immobili, con l'obiettivo di imparare a "sentirle" dentro se stessi.
A questo generalmente si aggiungono delle operazioni mentali da svolgere durante l'esercizio in una determinata successione. Le danze sufi sono molto complesse e necessitano di anni di lavoro per poter essere apprese. La cosiddetta danza roteante o turbinante è una di queste e quella pubblicamente esposta ne è una forma incompleta. In certe tekkè (luoghi di raduno delle confraternite) si è tramandata l'usanza di eseguire queste danze e i più anziani le considerano equivalenti a libri nei quali leggono i misteri del tempo antico. Un approccio simile è rintracciabile nelle danze sacre indiane dove, per fare un esempio, una posizione con la mano rivolta verso il basso anziché verso l'alto e con i piedi orientati in una precisa direzione, deve trasmettere delle informazioni esatte e per questo il pubblico deve essere addestrato alla comprensione della danza, comprensione che in questo caso non può essere lasciata all'impressione soggettivamente suscitata.
Contemporaneamente alla rappresentazione, un Derviscio compie un particolare esercizio interiore che ha il fondamentale compito di accelerare complessivamente la frequenza del ritmo di lavoro del proprio organismo, e impedire allo stesso tempo di creare squilibri tra le varie parti del corpo, specialmente tra il centro di "coordinazione motoria", il centro "intellettivo" e quello "emozionale". Dopo anni di esperienza, orientando i propri sforzi in questa direzione, pare che un Derviscio acquisisca una speciale proprietà fondata sull'equilibrio raggiunto dall'attività del proprio organismo che prende la forma di uno stato di "super-coscienza" e raggiungibile per attimi via via sempre più duraturi, col fine di renderlo uno stato permanente. Questa è chiamata la "Comunione con Allah". La differenza tra le danze dei Dervisci e quelle rituali afro-americane consiste maggiormente nel fatto che l'obiettivo di queste ultime è l'entrata in uno stato alterato di coscienza scatenato dall'ossessività dei movimenti sincopati dal suono, all'interno del quale il danzatore non ha alcun controllo su di sé, né cognizione delle circostanze creando però, secondo le credenze, un contatto speciale con le "forze superiori".
I dervisci roteanti a volte non sono altro che danzatori che fanno degli spettacoli per turisti, soprattutto in Turchia, così come i fachiri in India. A questo proposito è utile sottolineare che mentre un tempo in Oriente si sviluppò una religione cosiddetta del "pensiero", e in Occidente una religione fondata sulla Fede, ovvero sul "sentimento", nel Sud del mondo la religione, nelle sue varie forme, ha sempre assunto un carattere più fisico, dove il "Corpo" era il punto di partenza. Spesso infatti si afferma che un vero Fachiro e un vero Derviscio siano in sostanza la stessa cosa ovvero, da questo punto di vista, due esempi di lavoro religioso incentrato sul corpo fisico.
I Rifāʿi, sono dervisci che sovente si esibiscono in pubblico, nei paesi islamici, facendosi trapassare da coltelli, ferri infuocati o inghiottendo carboni ardenti. Spesso sono rinomati come guaritori di morsi di serpenti o di scorpioni.
Vi sono anche altri gruppi che cantano versi del Corano, suonando tamburi e danzando in gruppi; e altri gruppi invece che prediligono la meditazione silenziosa, questi sono per lo più i gruppi sufi dell' Asia meridionale.

Istanbul, i Dervisci rotanti.

martedì 17 marzo 2009

Il Ragno e l'ape

Il ragno e l'ape -
Una mattina di primavera un'ape operaia andava girovagando da un fiore all'altro in cerca di polline.All'improvviso, uscendo da una corolla, cascò nella rete di un ragno.Nascosta dietro una foglia, il piccolo ragno si rallegrò ed accorse.- Sei un traditore! - gli gridò l'ape. - Tendi le tue trappole per uccidere chi lavora! -Il ragno si avvicinò ancora di più, e l'ape, voltandosi, cercò di colpirlo sfoderando dall'addome il lungo pungiglione.Ma il ragno si scansò in tempo e le saltò addosso.- Ape, con che diritto osi giudicarmi? - le rispose tenendola stretta. - Tu sei come la frode: hai il miele in bocca e di dietro il veleno. -

Il Mugnaio e l'asino

- Il Mugnaio e l'asino -
Un tale voleva dimostrare di essere già stato altre volte in questo mondo, e per avvalorare la sua affermazione citava il filosofo Pitagora; ma un altro, interrompendolo di continuo, non gli lasciava finire il discorso. Allora il primo disse all'altro:- E a dimostrazione di esserci stato altre volte, mi ricordo che tu, nella vita precedente eri un mugnaio. -Allora l'altro, sentendosi mordere da quelle parole, gli rispose:- E' vero. Hai ragione. Quello che ora tu mi dici, mi fa ricordare che eri proprio tu quell'asino che portava la farina al mio mulino.

Fiabe di Leonardo da Vinci - I gufi e la lepre

Fiabe di Leonardo da Vinci

- I gufi e la lepre-
Appollaiati sul ramo, due gufi guardavano una lepre correre nel campo.- Povera lepre - disse un gufo. - Non ha nemmeno il coraggio di tornare nella sua tana. -- Perché? - domandò l'altro.- Perché ha paura. -- Paura di entrare in casa sua? -- La lepre è fatta così - replicò il gufo che aveva parlato per primo. - Vive sempre nel terrore, e ora che l'autunno cambia il colore delle foglie e le stacca dai rami, essa non osa nemmeno guardarle; scappa di qua e di là, terrorizzata da questa pioggia di colori. -- Ma allora è vile! -- Certo. E a forza di correre finirà in qualche tagliola, o sotto il tiro dei cacciatori.

lunedì 16 marzo 2009

Fotogrammi del film Il Flauto Magico
















Film Il Flauto Magico



Il Flauto Magico (The Magic Flute)
Cast
Liz Smith, Louise callinan Rogers st. johns, Kim-marie woodhouse Rogers st. johns, Rodnie clarke Rogers st. johns
Regia
Kenneth Branagh
Sceneggiatura
Stephen Fry Kenneth Branagh
Durata
02:15:00
Genere
Musicale
Distribuito da
01 DISTRIBUTION (2007)

L'antico Egitto immaginario musicato da Mozart diventa una trincea del ventesimo secolo, dove la luce (Sarastro) fronteggia le tenebre (la Regina della notte). Tamino, declassato da principe a soldato, viene scelto da tre crocerossine per salvare la bella Pamina, figlia della Regina della notte e prigioniera nel palazzo di Sarastro. Tamino, perdutamente innamorato, accetta la missione. Lo accompagna Papageno, un uccellatore vagabondo e chiacchierone che sogna di conquistare la sua Papagena. Il giovane soldato sarà iniziato all'amore attraverso tre prove, che superate gli consentiranno di sposare Pamina e di condurla nel regno della bellezza e della saggezza. Luce e tenebre troveranno il loro equilibrio e il conflitto mondiale sarà annullato dall'amore. L'uomo che "giocando" ha trasformato in cinema i drammi e le commedie di Shakespeare ha provato, questa volta senza riuscirci, a "compromettere" la lirica, traducendo sullo schermo Il Flauto Magico mozartiano. Un'operazione coraggiosa e interessante, che sognava di prendere un'opera e di trasformarla in un film, dimenticandosi da dove venisse e considerandola un oggetto culturale vivo piuttosto che un sito museale. Ma diciamolo, nel Flauto Magico di Kenneth Branagh a mancare è il cinema. L'impianto, truccato da musical, resta teatrale, la qualità della registrazione in studio, precedente al girato, è impeccabile, l'interpretazione dei cantanti superlativa, priva com'è di stecche e indecisioni, l'esecuzione della Chamber Orchestra of Europe diretta da James Conlon, decisa e pulita. Domina insomma su tutto un senso di artefatto e di armoniosa noia a cui si tenta di ovviare con grandi allestimenti, frutto della libertà creativa ed economica di scenografi e costumisti. E così abbiamo le trincee del primo conflitto mondiale contro lo spiegamento fantastico di macchinari, travestimenti, oggetti magici, mostri, fate e animali di una fiaba del Settecento. Stravolgere tempi e luoghi mozartiani, trascinando nel Novecento il principe Tamino, non è sufficiente a vivere e a fare vivere la lirica. Da anni si auspica un rinnovamento del melodramma proprio attraverso il cinema, due le direttive seguite: la trasposizione elementare dell'opera in film (opera filmata) o il tentativo di creare qualcosa di nuovo che arricchisca l'opera di una vita interpretativa. Il problema è sempre lo stesso, quello di passare da un mezzo all'altro. Il risultato è un ibrido che non è più opera e nemmeno commento al film e che finisce per mortificare le possibilità dell'uno e dell'altro mezzo espressivo. La traduzione inglese del libretto tedesco, realizzata da Stephen Fry .

The Magic Flute Trailer

Leonardo Da Vinci è la Musica




Leonardo Da Vinci, si dilettava, come solo lui poteva e sapeva dilettarsi, anche nell'arte della Musica. Alcune antiche fonti, risalenti alla prima metà del 1500, lo stimano come suonatore di Lira Da Braccio e cantore.......ed egli definì la Musica come:"



La Figurazione Delle Cose Invisibili"

Biografia - Fernando António Nogueira Pessoa


Fernando António Nogueira Pessoa: biografia

Fernando António Nogueira Pessoa, più semplicemente conosciuto come Fernando Pessoa, nasce a Lisbona il 13 giugno del 1888 da Madalena Pinheiro Nogueira e Joaquim de Seabra Pessoa, critico musicale d'un quotidiano cittadino.Orfano di padre dal 1893, trascorre la giovinezza nel Sud Africa, a seguito del secondo matrimonio contratto dalla madre nel 1895 col comandante Joào Miguel Rosa, console portoghese a Durban.Qui Fernando Pessoa compie tutti gli studi fino all'esame d'ammissione all'Università di Città del Capo. Nel 1905 ritorna a Lisbona per iscriversi al corso di filosofia della facoltà di lettere, ma, dopo una disastrosa avventura editoriale, si impiega come corrispondente di francese e inglese per varie ditte commerciali, impiego che manterrá, senza obblighi di orario, per tutta la vita. Nel 1913, dopo essere passato attraverso l'esperienza del Saudosismo di Teixeira de Pascoaes, lancia il "paulismo" che trova entusiastici riscontri negli scrittori della sua generazione. Nello stesso periodo inizia la collaborazione a varie riviste, come «A Aguia» e «Portugal Futurista», avendo al suo attivo letture significative, dedicate soprattutto ai romantici inglesi e a Baudelaire, e un'attività letteraria, iniziata quand'era ancora studente presso l'università di Città del Capo, consistente in prose e poesie scritte in inglese.Intorno al 1914 appaiono gli eteronimi Alberto Caeiro, Ricardo Reis e Álvaro de Campos, ma è dell'infanzia la comparsa del primo personaggio di fantasia, il Chevalier de Pas, attraverso il quale Fernando Pessoa "scrive lettere a se stesso", come è detto nella lettera dell'eteronomia a Casais Monteiro.Nel 1915 con Mário de Sá-Carneiro, Almada Negreiros, Armando Córtes-Rodriguez, Luis de Montalvor, Alfredo Pedro Guisado e altri, dà vita alla rivista d'avanguardia «Orpheu», che riprende esperienze futuriste, pauliste e cubiste; la rivista avrà vita breve, ma susciterà ampie polemiche, nell'ambiente letterario portoghese, aprendo prospettive inedite fino allora, all'evoluzione della poesia portoghese. Segue un periodo in cui Fernando Pessoa è attratto da interessi esoterici e teosofici che avranno una profonda influenza nell'opera ortonima.Ha inizio nel 1920 l'unica avventura sentimentale della sua vita. La donna, Ophelia Queiroz, è impiegata in una delle ditte di import e export per le quali Fernando Pessoa lavora. Il rapporto, dopo una pausa di alcuni anni, si interrompe definitivamente nel 1929.Nel 1926, in una intervista rilasciata a un giornale della capitale, dopo il colpo di stato militare che mette fine alla repubblica parlamentare e apre la via al regime salazariano, Fernando Pessoa comincia a esporre le sue teorie del «Quinto Impero», consistenti nell'attualizzazione delle profezie di Bandarra (il ciabattino di Trancoso) scritte nella prima metà del secolo XV, secondo le quali il re Don Sebástian, dato per morto nel 1578 nella battaglia di Alcazarquivir, sarebbe tornato anima e corpo, per instaurare un regno di giustizia e di pace. Si tratta del «Quinto Impero», alla cui realizzazione il Portogallo è predestinato. Questo Impero avrebbe avuto carattere esclusivamente culturale e non militare o politico come gli imperi classici del passato.Nel 1934 Pessoa pubblica «Mensagem», l'unica raccolta di versi in lingua portoghese curata personalmente dal poeta. La pubblicazione della sua opera infatti, che comprende scritti di teologia, occultismo, filosofia, politica, economia e altre discipline, avverrà quasi totalmente postuma; e mentre in vita eserciterà ben scarsa influenza la sua poesia sarà ampiamente imitata dai poeti delle generazioni successive.Il 30 novembre 1935, Fernando Pessoa muore in un ospedale di Lisbona, a seguito d'una crisi epatica, causata presumibilmente da abuso di alcool.Nel 1942 è stato pubblicato «Poesias de Fernando Pessoa». Seguiranno «Poesias de Álvaro de Campos» (1944), «Odes de Ricardo Reis» (1946), «Poemas de Alberto Caeiro» (1946), «Poemas dramaticos» (1952), «Poesias ineditas» (1955 e 1956), «Quadras ao gosto popular» (1965), «Novas poesias ineditas» (1937), «Poemas» inglese (con traduzioni di Jorge de Sena, Adolfo Casals Monteiro e José Blanc de Portugal, 1974), «Livro de Desassossego» (1982).
La maggior parte dell'opera di Pessoa Fernando (foto a lato), con la sola eccezione di testi sparsi in riviste, come la famosa Orpheu, non è stata pubblicata dal vivente di Pessoa, ma solo dopo la sua morte, ritrovata nel baule reso famoso in Italia da Antonio Tabucchi. La sola altra eccezione è Messaggio (Mensagem), un'opera difficile da classificare, che nel 1934 vinse un premio governativo di 5.000 escudos. Antonio Tabucchi, pisano nato nel 1943, è allevato nella casa dei nonni materni a Vecchiano, un borgo vicino. Durante gli anni dell'università, intraprende numerosi viaggi in Europa, sulle tracce degli autori incontrati nella ricca biblioteca dello zio materno. Antonio Tabucchi scopre Pessoa negli anni '70, quando andava ad ascoltare alcune lezioni alla Sorbona da libero auditore. Ha infatti occasione di acquistare alla Gare de Lyon una plaquette intitolata "Bureau de Tabacs" di Alvaro de Campos, uno degli eteronimi di Pessoa. Antonio Tabucchi è colpito da quest'opera, poiché in essa Pessoa esprime una lirica nuova, un insieme di teatro, riflessione, filosofia e racconto. Al suo ritorno a Pisa, comincia a frequentare un corso di portoghese, al fine di imparare la lingua di Pessoa. Tabucchi diventerà così traduttore, critico e studioso dell'opera di Pessoa. E' grazie a Tabucchi, attualmente professore ordinario presso l'Università di Siena, se oggi in Italia possiamo apprezzare Fernando Pessoa nelle sue grandi opere letterarie. Ricordiamo in particolare «Un baule pieno di gente. Scritti su Fernando Pessoa», indispensabile lettura per comprendere appieno il grande personaggio quale è stato Fernando Pessoa.

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